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      Chi si è lusingato di avere pienamente risoluto il problema, in un modo o in un altro, uscirà presto d'illusione, quando da' nuovi documenti saprà che uno de' Giudici ecclesiastici, antico Inquisitore e peritissimo nella materia processuale, il Vescovo di Termoli, reputava il processo di eresia "malissimamente fondato" e riteneva anche il fondamento del processo di congiura "molto tenue anzi falso"; invece un altro Giudice successo al primo, originariamente avvocato, non meno avveduto ed anche esercitato nelle cose del S.to Officio e ne' più alti negozii, il Vescovo di Caserta, non aveva il menomo dubbio sulla verità di entrambe le imputazioni e trovava anzi nell'una un valido appoggio per l'altra, Difatti, tutto considerato, la congiura del Campanella ci si prosenta senza mezzi termini, o come una macchinazione da parte sua per un audacissimo tentativo di rivolgimento politico e religioso ad un tempo, o come una macchinazione da parte del Governo per estinguere anche la più lontana velleità di un rivolgimento. D'altronde, giustamente o ingiustamente, i processi vennero a costituire il Campanella in una posizione giuridica tale, da non avere innanzi a sè che una di queste due vie: o sobbarcarsi all'ultimo supplizio, sia montando rassegnato, come Maurizio de Rinaldis, sulla scala della forca, sia montando alteramente, come allora appunto faceva in Roma Giordano Bruno, sul rogo dell'inquisizione; ovvero adoperare tutti gli accorgimenti, i cavilli, le finzioni ad ogni costo, che poteva suggerirgli il suo ingegno versatile e sottilissimo.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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