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      Così ci spieghiamo in pari tempo una sua nuova e curiosa pratica presso il Gran Duca di Toscana, per sollecitare la concessione della cattedra, mentre l'opera De sensu rerum con la dedica già fatta non avea potuto più stamparsi, e le informazioni ulteriori del P.e Generale non avrebbero potuto riuscire altrimenti che pessime: era un tentativo disperato, che solo uno stringente bisogno poteva suggerire. Ad ogni modo il tentativo fu fatto con una lettera al Gran Duca in data del 13 agosto 1593, che è quella pubblicata dal Palermo. Il Campanella vi dice essergli stata proposta in Padova una lezione di Metafisica da alcuni gentiluomini, ma egli si riteneva impegnato con S. A., cui rammenta la parola data, e dichiara non poter mai immaginare che S. A. abbia mutato parere, "non essendo proprio di Signori". Si mostra per altro informato di ciò che accadde negli ultimi giorni della sua dimora in Firenze: "mi si scrive che alcuni, gonfi di quella vana sorte che suole apportar la ipocrisia, abbian proposto a V. A., per la mutazione che avverrà da le nuove mie dottrine, che non doveva ricevermi, e questo il medesimo dì che io mi partii da lei" (allusione evidente a Baccio Valori, che avea scritto appunto in tal senso e in tale data con molta ipocrisia). Del resto afferma che saprebbe anche meglio degli altri dettare le dottrine Aristoteliche (la qual cosa conferma quanto fosse stringente il suo bisogno), e supplica che faccia scrivere se egli debba avere quella lezione o aspettare ancora.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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