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      Nell'Archivio Mediceo si hanno due documenti scritti da un Gio. Vincenzo Ruffolo, il quale citando tutte le colpe ascritte al Principe, cerca di scusarlo affermando che sino al 1585 egli avea donati soli D.i 25mila, compresi 10mila a donne con le quali aveva avuti bastardi, e che dopo di essergli stato assegnato un Curatore i debiti erano divenuti gravissimi: ma nell'Archivio di Venezia si ha una breve notizia del Residente Scaramelli, che afferma essere i debiti del Principe ascesi a D.i 700mila fino al tempo del Curatore, e da quel tempo in poi, durante la prigionia, essere divenuti 1 milione e 600 mila(166). Ad ogni modo, nel luglio 1590, tornando lui dalla Riccia con una sua ganza e sèguito, nel passare per Gaeta venne ivi fermato e rinchiuso in fortezza d'ordine del Vicerè Conte di Miranda: D. Lelio continuò anche allora ad interessarsi di lui, e sappiamo che verso la fine del 1591 pregò caldamente in favor suo la Principessa che si riteneva causa della prigionia, e verosimilmente si cooperò a far venire quelle lettere commendatizie che si conosce essere state scritte dagli Ambasciatori cattolici, da più Cardinali e poi anche dal Papa: ma essendo stati emanati ordini rigorosi che niuno potesse trattare col Principe, dovè desistere; e forse per tale ragione se ne andò a Roma, dove rimase dal 1592 fino al 10bre 1594, quando per la morte del Duca di S. Marco dovè tornare in Napoli e ingolfarsi nella lite di successione(167). Di poi, in febbraio 1596, essendo state accolte le istanze del Principe dal nuovo Vicerè Conte Olivares, e avuto anche il consenso della Principessa, il Principe venne tradotto in Napoli, dove fu rinchiuso nel Castel nuovo, con ordine che potessero vederlo i soli parenti e il Duca di Termoli, il quale era ostile all'unione de' coniugi discordi: quivi egli rimase fino all'agosto 1598, uscendone dopo di aver fatto un simulacro di pacificazione ed anche una transazione con la Principessa, coll'obbligo di tenere la sua casa a Chiaia in luogo di carcere, e dietro una cauzione di D.i 20mila forniti appunto da D. Lelio Orsini; tutto ciò del resto non lo trattenne dallo scapparsene da Napoli verso la fine dello stesso mese, dopo di aver fatto un testamento in favore del Re. Nel lungo periodo della sua prigionia egli scrisse più volte al Gran Duca di Toscana, che da altri fonti sappiamo averlo allora favorito con larghi sussidii: questa corrispondenza, da noi rinvenuta, riesce molto utile per determina


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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