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      Egli si schermì efficacemente con le sue aderenze, dimandando di essere giudicato ora in Roma, ora in Calabria, ora in Napoli presso la Corte del Nunzio, dalla quale finalmente in gennaio 1598 venne liberato "ex hactenus deductis", dietro una relazione dell'Auditore sul processo ingarbugliato col passaggio per troppe mani e troppi luoghi, la quale conchiudeva "deficerent potius probationes quam jus"(181). Fra Dionisio, che facendo comparire negli Atti il fratello Ferrante aveva in realtà agito personalmente per tale processo, e vi avea non solo assistito in Calabria ma anche in Napoli ed in Roma, si era elevato di molto insieme con la fazione avversa al Polistina; ma la liberazione di costui, appunto nel 1598, cominciava a segnare un principio di decadenza, e il Polistina relegato in un convento "loco carceris", coll'aiutodel P.e Giuseppe Dattilo da Cosenza ex-Provinciale lui pure, già preparava le sue vendette, mentre fra Dionisio, sdegnato per questa liberazione, mostravasi irrequieto anche più del solito.
      Quanto a fra Pietro Ponzio germano di fra Dionisio, senza smentire il sangue caldo de' Ponzii, era d'indole più ritirata ed assai meno inframmettente: avea progredito fino ad un certo punto negli studii specialmente teologici, mostrando anche un grande trasporto per le buone lettere, ed avea saputo mantenersi ne' buoni costumi, ciò che non era comune a que' tempi. Così non si era fatto distinguer troppo, e poteva dirsi che avesse piuttosto goduta la prospera fortuna di fra Dionisio, come di poi ne patì l'avversa: intanto pel suo amore alle lettere venne a stringersi sempre più col Campanella, ammirandone con ardore il grande ingegno, e vedremo che gli si mostrò sempre tenero amico.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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