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      Vi era l'opinione che egli "avesse spiriti, comandasse spiriti, disponesse di spiriti": lo si diceva pubblicamente in Calabria, e i più timorati pensavano che la sua scienza era o del demonio o d'Iddio, ma la massa de' frati, de' laici e di ogni ceto, riteneva con sicurezza che fosse del demonio. Si era giunto perfino a scovrire dove avesse il suo spirito familiare; l'avea nell'unghia. Così dicevasi a Stilo, e forse se ne può trovar la ragione in un'abitudine del Campanella di guardarsi le unghie, come più in là vedremo notato segnatamente da' terrazzani di S. Caterina, nel convento Domenicano di S. Nicola ove una volta si recò(250). Certo è che a cominciare da' frati suoi più intimi amici, come fra Dionisio Ponzio, ed anche fra Domenico Petrolo, ebbero, ognuno a sua volta, la curiosità di chiedere direttamente al Campanella se fosse vero che avea spiriti; tra le persone poi che trattarono con lui per la congiura, taluno gli dimandò in generale de' diavoli e dell'arte magica, qualche altro gli chiese uno spirito familiare per vincere al giuoco, altri chiesero segreti per avere donne; ancora, a tempo delle carcerazioni, taluno voleva che il Campanella "havesse fatto tanto con gli diavoli che l'havessero cavato de prigione"(251). Fra Tommaso mostravasi quasi sempre infastidito di siffatte dimande, e ne prendeva talvolta occasione per manifestare che egli non credeva all'esistenza nè de' diavoli nè dell'inferno, ed anzi al Petrolo una volta disse che in Roma, dove era conosciuto, si riteneva che egli non credesse a queste cose; ma specialmente i laici non ne rimanevano persuasi, e qualcuno anche si scandalezzava che negasse i diavoli.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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