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      Ripeteva poi ancora una volta che egli credeva tutto esser cosa senza fondamento, se non invenzione de' frati.
      Il Vicerè D. Ferrante Ruiz de Castro Conte di Lemos era stato da poco tempo inviato a Napoli, in sostituzione del Conte Olivares, e vi era entrato appena il 16 luglio 1599, avendo avuta anche la missione di Ambasciatore straordinario di obbedienza al Papa: nella sua venuta avrebbe dovuto passare per Roma, ed invece con una certa sorpresa della Curia Pontificia, che trovasi espressa in una lettera al Nunzio, era "capitato a Napoli prima che a Roma"(312). Fu detto che nel suo passaggio per Genova un frate Francescano lo avesse avvertito di tener d'occhio la Calabria, e che egli fece subito diligenze e si venne così a scovrire la congiura(313): ma tutto ciò non ci risulta esatto, e potrebbe stare soltanto che quel frate, appartenente ad un Ordine solito a servire da spia agli spagnuoli massime nelle cose di Levante, gli avesse parlato del Campanella come di un uomo torbido, capace di qualunque novità; questo potrebbe ritenersi adombrato nel periodo sopra riferito della lettera del Vicerè, mentre poi veramente egli conobbe la congiura solo per opera di Lauro e Biblia, e stentò molto a ritenerla cosa seria malgrado le rivelazioni di costoro. Fu detto pure, dal Parrino, che i due cittadini di Catanzaro, complici della congiura, la rivelarono perchè la Divina Provvidenza toccò loro il cuore: ma ci risulta solamente certo che il loro cuore fu tocco dalla speranza di un buon guiderdone, avendo formalmente espresso questa speranza in entrambe le relazioni da loro scritte.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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