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      Senza perdita di tempo, il 14 agosto, fra Cornelio scrisse al Generale, vale a dire al P.e Ippolito Beccaria, di aver saputo "da un certo nobile" le eresie del Campanella, il quale si era fatto capo de' banditi in Stilo e diceva le cose de' Cristiani esser baie, che nel mese allora scorso, stando in compagnia di certi banditi, aveva indotto uno di loro a compiere un lurido fatto in dispregio dell'ostia consacrata, che diceva poter risuscitare morti, pigliar città, far comparire diavoli, che volea predicare nuova legge e già distribuiva le città e le signorie a que' suoi banditi, che due mesi prima avea mandato due di loro presso il Gran Turco per chiedere aiuto, e che parecchi erano complici in quel trattato, in ispecie fra Dionisio. Con altre lettere consecutive scrisse di aver udito che il Campanella predicava la libertà mescolando le cose della fede, e diceva che la vera fede non era stata ancora intesa, e sarebbe stata in breve predicata da lui, che infine tutta la città di Stilo era imbevuta de' suoi dogmi. Ma quando alcuni mesi dopo venne in Roma interrogato su ciò che avea scritto, confessò che fra Domenico da Polistina fu il primo a dargli notizia delle eresie del Campanella, narrando le escursioni fatte da quel frate a Davoli, poi a Soriano, e da ultimo a Catanzaro "tra il 10 e il 14 agosto"; confessò inoltre che alla data in cui scrisse la sua prima lettera, non avea veramente visto ancora quel nobile, il quale era Giulio Soldaniero, ma era stato assicurato da fra Domenico che di certo gli avrebbe parlato e gli avrebbe detto maggiori cose.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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