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      Ma l'Alfabeto in cifra fu scritto veramente dal Pizzoni e comunicato in parte dallo Xarava a fra Cornelio, il quale poi l'allegò nel processo suo senza citarne il fonte, ovvero fu inventato da fra Cornelio e comunicato da lui allo Xarava, il quale senza citarne del pari il fonte, lo pose a capo della Dichiarazione del Pizzoni? Questo rimane dubbio; bensì non vedendo fatta alcuna parola dell'Alfabeto nella Dichiarazione scritta, e sapendo che il Pizzoni lo negò sempre in sèguito, bisogna piuttosto dire che fra Cornelio, nella sua nequizia, dovè sbizzarrirsi ad inventarlo dietro il cenno dato da' primi rivelanti e poi fatto confermare dal Petrolo innanzi a lui qualche giorno dopo. Si può intanto vederlo tra' documenti che pubblichiamo, ridotto alle firme del Campanella e del Pizzoni, così come fra Cornelio l'allegò nel processo suo(372).
      Non prima del 14 settembre il Campanella fu tradotto dalle carceri di Castelvetere a quelle di Squillace; ma non avea per anco lasciato le carceri di Castelvetere, che vi accadeva un fatto importante, del quale dobbiamo ancora dar conto. Ricordiamo che là si trovavano rinchiusi Felice Gagliardo, Orazio Santacroce, Geronimo Conia, Gio. Angelo Marrapodi, Camillo Adimari, ed inoltre Cesare Pisano, il quale vi era stato visitato dal Campanella con fra Dionisio e fra Giuseppe Bitonto ne' primi giorni di luglio, ed era stato anche da lui raccomandato al Principe della Roccella; ricordiamo che Cesare Pisano fin d'allora cercò sempre d'indurre o di raffermare nella ribellione tutti costoro (giacchè taluni, come il Gagliardo ed il Conia, sembra certo che vi fossero stati già iniziati dal Bitonto e dal Jatrinoli), magnificando i disegni del Campanella e predicando eresie in quantità. Non appena seppero che il Campanella ed il Petrolo venivano rinchiusi in quelle medesime carceri e che la congiura era stata scoperta, con tutti i particolari che se ne andavano diffondendo, que' cinque scellerati, per farsi merito e provvedere alla loro salvezza, pregarono il Castellano di rappresentare al Principe della Roccella che Cesare Pisano, fin da quando venne carcerato, si era sempre sforzato d'indurli a prender parte a questa congiura, ed oltracciò denunziarono lo stesso Pisano al Vescovo di Gerace per le eresie che andava loro persuadendo; nè trovarono difficile il giustificarsi per non aver rivelato prima di allora, adducendo che ritennero lungamente essere il Pisano un matto, ma poi, udita la carcerazione del Campanella, doverono ritenere queste cose per vere e quindi subito le rivelarono.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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