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      Ecco ora il sèguito delle deposizioni che il Visitatore e fra Cornelio raccolsero da taluni de' suddetti frati, giacchè non poterono esaminarli tutti. - Il 14 settembre, recatisi a Squillace, interrogarono dapprima fra Pietro di Stilo. Fra Pietro disse essere stato avvertito da molti secolari che avrebbe sofferto grandi travagli per causa del Campanella, ma non aver voluto fuggire perchè sentivasi netto in coscienza, e dopo di avere esposte le sue antiche relazioni col Campanella, quanto all'opinione che ne avea, rispose di tenerlo "in alcune cose per bono et in alcune cose sceleratissimo" per quello che avea "sentito dire". Ma qui si mossero a sdegno gli Inquisitori: volevano che fra Pietro dichiarasse di aver udito dalla bocca del Campanella le cose che doveva esporre (senza ancora sapere quali esse fossero), e in fretta e furia ordinarono che venisse rinchiuso in un carcere criminale "più strettamente e più duramente". Si seppe in sèguito, quando egli venne in Napoli, che fu tenuto dieci giorni in una "fossa" o "trapasso" come allora si diceva, e di là fu fatto poi risalire di sopra "al Carbone"; si seppe pure che fin da' giorni precedenti, mentre era nella carcere della Motta e poi di Monteleone, gli erano state fatte minacce e lusinghe da D. Carlo Ruffo e dal Castellano Ottavio Gagliardo, come pure da fra Cornelio e dal Visitatore, il quale "pareva che dependesse da fra Cornelio", e segnatamente a Squillace costui lo facea condurre innanzi a' Giudici secolari e diceva loro "ve lo consegno per tre ore, fate di lui quel che vi piace", e poi lo lusingavano con la promessa di una immediata liberazione se avesse rivelato ciò che volevano, e gli assicuravano che il Pizzoni era stato già liberato perchè avea parlato, e gli consigliavano di confessarsi perchè l'indomani avrebbe avuto la ruota, e il Visitatore lo eccitava a deporre liberamente cose di S.to Officio perchè a questo modo si poteva avere la remissione al foro ecclesiastico.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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