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      Ma dobbiamo ancora vedere il valore delle deposizioni raccolte. E cominciando da quella di fra Pietro Ponzio, possiamo dire che essa non aggiunse nulla, e servì solo a mostrare che veramente fra Pietro non era stato fatto consapevole di queste faccende. La deposizione poi di fra Paolo della Grotteria aggravò certamente le condizioni del Campanella e di fra Gio. Battista, massime dal lato della congiura, quantunque non avesse fornito che semplici indizii ed apprezzamenti degni di un ex-galeotto, il quale non si faceva scrupolo di calcare la mano su' compagni nell'impresa, credendo di propiziarsi i Giudici in questa guisa. Ma grave riusciva sopra tutte le altre la deposizione di fra Pietro di Stilo: egli rivelava finalmente parecchie e non lievi cose tanto circa l'eresia quanto circa la congiura, ed evidentemente dovea saperne molte di più, giacché, e per l'amicizia che lo legava al Campanella, e per la sua posizione di Vicario del convento che lo costituiva responsabile di aver tollerato cose simili, avea tutto l'interesse di celare quanto più poteva. Senza dubbio, dopo tante rivelazioni fatte dal Pizzoni e dal Petrolo, dopo tante rivelazioni fatte anche da' laici, le quali aveano già condotto alla morte il Crispo e il Mileri, negare ulteriormente era di grandissimo pericolo per lui, di niun vantaggio alla causa: adunque non trattavasi più solamente di dir cose di eresia per sottrarsi alla Corte temporale, ma anche di lasciare la parte dell'ingenuo che oramai non poteva più persuadere alcuno, badando tuttavia a rivelare il meno possibile.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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