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      Per ogni verso essi avrebbero dovuto destare una profonda pietà; non di meno dalle rivelazioni avute in Napoli col processo di eresia conosciamo che il volgo, cioè a dire l'immensa maggioranza, li chiamava "inimici di Dio e del Re". L'avere essi trattato co' turchi, l'aver voluto dare la provincia a' turchi, l'essersi imbevuti di eresia, l'essersi proposti di far la vita dissoluta, come n'erano corse le voci, avea certamente eccitato ognuno contro di loro, senza contare l'odio e il disprezzo che suole accompagnare chi non riesce in altrettali imprese: il Campanella, già prima tanto esaltato, venne allora mostrato a dito con gioia feroce dalle moltitudini, che esalavano la loro ignoranza e i loro istinti di brutale malvagità, invano negati dagli adulatori del popolo ancora più spregevoli degli adulatori de' Principi; dovè quindi convincersi appieno che
     
      Il popolo è una bestia varia e grossa
     
      come di poi cantò. In Monteleone vi fu una fermata della carovana, e Padri Gesuiti confortarono a ben morire alcuni de' carcerati, che avrebbero dovuto essere "quattro de' più colpevoli" aggiuntovi poi "benanco Maurizio de Rinaldis", secondo gli ordini dati dal Vicerè fin da' primi di ottobre: ma effettivamente sappiamo solo i nomi di Maurizio e di Gio. Battista Vitale, che sarebbero stati confortati, e sappiamo che il Vitale non volle dare ascolto alle esortazioni de' Padri Gesuiti, ripetendo le eresie insinuategli da fra Dionisio(496). Ma presto la carovana si rimise in via e poggiò a Bivona, dove la raggiunsero fra Cornelio e fra Gio.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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