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      Il Nunzio ricevè le lettere del Card.l S. Giorgio per mezzo dello stesso Governo di Napoli, poichè sovente le staffette Regie servivano anche per lui, e il 10 dicembre, avuta un'udienza, fece conoscere la risoluzione di Roma al Vicerè, il quale già ne era informato e potè comunicargli la risoluzione sua di deputare il Consigliere D. Pietro de Vera d'Aragona clerico di prima tonsura. Costui era spagnuolo e veramente assai distinto magistrato, Consigliere dal 1588, "erudito e giusto" come lo disse il Toppi(23); ma apparteneva ad una famiglia tutta devotissima al Governo, avendo pure un cugino, Diego de Vera, in funzione di Pro-segretario del Vicerè appunto a quel tempo, inoltre uno zio, Francesco de Vera, Ambasciatore di S. M.tà presso la Repubblica Veneta. Il Nunzio, che lo conosceva, ebbe a dichiararlo "uno de' principali del detto Consiglio, così in lettere come in altre qualità"(24). E si offerse subito a cominciare la causa "etiam senza il Breve"; ma riferendo queste cose a Roma espresse pure la sua opinione che passerebbe altro tempo prima di cominciare, ed intanto potea venire il Breve, "per non haver a mettere le lettere in processo per fondar la giuriditione". Più tardi, il 17 dicembre, riferì la comunicazione fattagli dal Vicerè dell'aver già nominato il De Vera per Giudice e lo stesso D. Giovanni Sances per Fiscale, la visita fattagli da costoro in sèguito di questa nomina, e la sua novella offerta di esser pronto a trattare la causa; ma aggiunse che il Vicerè stimava a proposito "aspettar detto Breve quanto alli ecclesiastici, poichè intanto si potea trattar contro laici". - Oramai, concluso l'affare, il Vicerè non avea più tanta fretta, o voleva egli pure un documento il quale suggellasse ciò che si era ottenuto e che lo rendeva molto soddisfatto.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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