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      Mercè qualche inserviente, e sopratutto qualche parente venuto di Calabria per assisterli, i carcerati potevano provvedersi delle cose necessarie al vitto, che erano soggette a visita quando s'introducevano nel Castello; e così sappiamo che un giovanetto Aquilio Marrapodi figlio di Gio. Angelo, oltre il padre, serviva i Ponzii, il Petrolo, il Lauriana e il Pizzoni, comprando "per questi monaci foglie, fave, carcioffi, radici et altre cose da mangiare"(26); potremmo perfino dare qualche lista della magra spesa quotidiana che si faceva anche per taluni de' carcerati del Castello dell'uovo, essendo notata sul rovescio di alcune carte sequestrate al Gagliardo ed allegate nel processo(27). Naturalmente i carcerati non mancavano di profittare di questo mezzo e di qualche altro ancora per mandarsi cartoline e biglietti, ciò che per altro era proibito; ma solamente più tardi dando pochi soldi a uno de' due carcerieri Alonso Martines ed Onofrio, nominati anche nella Narrazione del Campanella, riuscirono ad avere diverse concessioni che a tempo proprio vedremo. Gli ecclesiastici, servendosi, principalmente di motti latini, poterono con tanto maggiore facilità mettersi in qualche relazione tra loro dalle finestre: poichè sappiamo con certezza essere stati perfino i più compromessi, dal primo momento, posti nelle "segrete", ossia in camere capaci di una sola persona e tenute strettamente chiuse, non già nelle così dette "fosse"; in queste furono posti al tempo de' loro esami, quando i Giudici solevano darne l'ordine per indurli a confessare.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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