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      Geronimo. Vedremo poi come finirono i beni di Maurizio, il quale forse potè essere semplicemente subfeudatario di una parte di Borgorusso, mentre le ricerche più ostinate su tale punto non ci hanno fatto sinora scovrire alcun feudo speciale di quella regione da lui posseduto. Nella detta ipotesi la morte di Maurizio nemmeno avrebbe profittato a Gio. Geronimo, ma a D.a Camilla; ad ogni modo quanto era già avvenuto, anche prima che la causa si agitasse in Napoli, mostra nel modo più chiaro che il Sances non poteva che dimandare ed ottenere la condanna di morte per Maurizio(36).
      Intorno a Cesare Pisano, che il Nunzio aveva nella sua lista qual clerico, e il Governo riteneva doversi continuare a trattare qual laico, non sappiamo come si sia veramente proceduto nel tribunale di Napoli: sappiamo solo ciò che ne disse il Nunzio quando venne a conoscere l'esito del giudizio, scrivendone una lettera di lagnanza al Vicerè, nella quale lo avvertiva aver inteso che contro del Pisano "si procede con tanto rigore per il capo della ribellione, che senza ammettergli ne anche la probanza del Clericato è stato condannato à morte". Forse il tribunale stimò che avesse confessato abbastanza, e che invece di far nascere la quistione giurisdizionale col rumore di nuovi esami e nuovi tormenti, fosse preferibile dare un saggio di vigore confermando la condanna ed eseguendola senza curarsi d'altro. Lo argomentiamo dal conoscere la prolissa maniera di rispondere, che il Pisano era solito di usare ne' suoi interrogatorii, onde non sarebbe mancata poi la citazione di qualche notizia tratta da un nuovo interrogatorio, laddove questo ci fosse stato.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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