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      Petrolo mio, l'industriosa fedeche serbasti all'amico, e già si vede
      ch'à tutte l'altre questa tua và sopra.
      Mortifera, infedel, empia, ingrata oprafar simolasti, ch'a lui vita diede" etc.(125).
     
      Non si sarebbe potuto adoperare modi più insinuanti, facendo ottimo viso a pessimo gioco; s'intende quindi che il Petrolo ne sia rimasto convertito, come mostrò con la sua deposizione del 29 gennaio, ma pur troppo per brevissimo tempo.
      Cominciata in sèguito la causa, sostenuto l'esame ed essendo in corso le confronte, precisamente al cadere del gennaio 1600, il Campanella rincorato dovè scrivere quel magnifico Sonetto "a sè stesso", che fu poi pubblicato dall'Adami e che comincia coi noti versi:
     
      Legato e sciolto, accompagnato e solochieto, gridando, il fiero stuol confondo,
      folle all'occhio mortal del basso mondo" etc.(126);
     
      le quali ultime parole dinoterebbero il valore dato da' Giudici alle profezie e presagi, che egli dichiarò averlo guidato a ritenere imminenti grandi mutazioni. Di poi sofferta la dimora nella fossa del miglio e quindi la tortura, fatta in questa la sua confessione, non dovè mantenersi in tanta fiducia, e lo mostrerebbe il Sonetto "alla Beata Ursula napolitana a cui si raccomanda", inserto nella raccolta dopo il precedente(127): tutto il Sonetto esala lo sconforto del Campanella, che in quel momento sperava soltanto in una protezione superiore;
     
      Pregoti per l'honor del sacro mantodi cui spogliato incorsi in gran ruina,
      . . . . . . . . . . . . . .
      E canterò tornando al mio bel nido


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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