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      Fra Giuseppe Dattilo fu meno esplicito: attribuì la scoverta di ogni cosa a fra Domenico di Polistina, e disse che a relazione di costui rimproverò in quel tempo il Campanella, perchè volea svestirsi dell'abito religioso, ciò che poi non fece, ma solamente se ne andò con l'ebreo a Napoli; disse che non si ricordava bene se fosse partito con sua licenza o no, e che in Calabria era corsa voce essere stato l'ebreo "brugiato in Roma per ordine del Santo officio". Quanto alla pratica dell'ebreo con fra Dionisio, non ne fece parola (e veramente il fatto era più che dubbio). I lettori troveranno ne' Documenti la denuncia e le deposizioni dei due frati(168), e leggendole sentiranno forse, come noi lo sentiamo, il sospetto che a quelle rivelazioni tardive potè dare la spinta fra Domenico di Polistina più volte in esso citato, tanto più che dalle parole e da' concetti di que' frati, comunque pezzi grossi dell'ordine, si rileva manifesta la loro melensaggine, della quale i nemici del Campanella, e ancor più di fra Dionisio, aveano tutto l'interesse di profittare. È difficile intendere che fra Agostino, così tenero della sua coscienza, avesse aspettato dieci anni a sgravarsela, e che fra Giuseppe Dattilo, così smemorato, avesse potuto ricordare la voce corsa che l'ebreo era stato bruciato dal S.to Officio, senza che qualcuno si fosse data la premura di eccitarne gli scrupoli e ravvivarne la memoria: del resto c'è anche da sospettare che costoro si mostrassero melensi per progetto, trovandosi ascritti alla fazione del Polistina, e volendo farsi credere ingenui.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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