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      Un decreto fermava che ciascuno inquisito avesse una copia del processo (copia repertorum), ma senza nome e cognome di coloro i quali aveano deposto, "secondo lo stile del S.to Officio"; che inoltre fosse avvertito aver facoltà di scegliersi un Avvocato e procuratore a suo piacere, bensì persona cognita ed approvata dalla Curia, fornita de' requisiti necessarii, e con ciò un termine di tanti giorni per fare ogni e qualunque difesa, se intendesse e volesse farne: questo decreto era da' Giudici medesimi partecipato di persona a ciascuno inquisito, che facevano tradurre al loro cospetto separatamente. Scelto l'Avvocato, o dall'inquisito, o in mancanza dai Giudici, d'ufficio, costui recavasi nella casa di qualcuno de' Giudici a prestare il giuramento nelle mani di lui, inginocchiato, toccando i Santi Evangeli e promettendo di fare "le giuste difese" del tal di tale secondo lo stile del S.to Officio. Il Notaro e Mastrodatti consegnava allora al più presto le copie de' reperti a ciascuno inquisito, e redigeva sempre un atto di questa consegna e del seguìto ricevimento in presenza di quattro testimoni (i soliti carcerieri e carcerati) decorrendo dalla data di quest'atto il termine per le difese: talvolta pure, sia d'ordine de' Giudici, sia dietro spontanea deliberazione dell'inquisito, redigeva o autenticava una dichiarazione, in cui l'inquisito manifestava di volersi difendere, ovvero di non volersi difendere riposando nella giustizia e pietà dei Giudici, ed avendo per rato, fermo e valido quanto essi ordinerebbero, ciò che poteva farsi anche durante lo svolgimento delle difese.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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