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      Ma non se ne fece nulla essendosi ristabilito, e venne ordinato che fosse riposto nel tormento, ed egli incominciò a dire, lasciatemi stare, aspettate frate mio; gli fu detto allora perchè mai avesse tanta cura del corpo e non dell'anima, ed egli, "l'anima è immortale". Fu dunque riposto nel tormento (3a volta), e rimase taciturno, ma poi chiese all'aguzzino che portasse più in alto il funicello con cui erano ligati i piedi, perchè questi gli bruciavano; e i Giudici lo concessero. Continuò a star quieto, gli si dimandò se volesse dormire e disse di sì, gli si promise che avrebbe avuta comodità di dormire dopo di aver risposto alle interrogazioni, ed egli non parlò più, e talora si lamentò dicendo, oh mamma mia. Erano le 11 del mattino (ora 15a); i Giudici aveano profittato di quella seduta per esaminare fra Dionisio sulle lettere che avea presentate; gli ordinarono quindi di parlare al Campanella che stava nel tormento, e di persuaderlo a rispondere formalmente, ad evitare i tormenti che per lui erano affatto inutili, avvertendolo che il S.to Officio avrebbe procurato di ottenere da lui le risposte in tutti i modi! Fra Dionisio, come si notò nell'Atto, "adempì l'incarico con bastante diligenza e carità", discusse, disputò, e il Campanella gli disse che voleva rispondere alle interrogazioni. I Giudici allora concessero che fosse deposto dal tormento, oltrechè venisse ristorato con cibo e bevanda; intanto gli accordarono che andasse a soddisfare certe sue necessità, lasciandolo accompagnare da fra Dionisio, e in ciò scorse più di un'ora di tempo (così fra Dionisio ebbe tutto l'agio di consigliarlo, ma si può supporre in qual senso). Fecero di poi sedere il Campanella presso il loro tavolo, l'eccitarono a rispondere e gli dimandarono perchè si trovasse carcerato nel Castello; il Campanella rispose, che volete da me?


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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