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      Ciò che abbiamo visto da lui scritto su tale proposito nella sua Narrazione trovasi già riferito anche in più Lettere ed in qualcuna delle sue opere, col ricordo che era stato "sette volte tormentato"; e per l'ultimo tormento trovasi detto, più o meno, che avea perduta "una libbra di carne nelle parti deretane e diece libbre di sangue", che "era uscito sano dalla fossa (int. dalla sua tristissima condizione) dopo sei mesi", che avea "riacquistata la sanità per la diligenza dell'ottimo uomo, il chirurgo Scamardelli"(264). Senza dubbio in tutto ciò deve riconoscersi qualche esagerazione ed anche una inesattezza tipografica. Per intendere che il Campanella sia stato sette volte tormentato, bisogna computare ciascuna delle quattro riposizioni nel tormento verificatesi durante la veglia, e perciò noi abbiamo procurato di notarle: il conto torna solo col sommare le quattro riposizioni nella veglia, la corda semplice avuta a tempo del Vescovo di Termoli, e le due riposizioni nel polledro avuto per la congiura; nè sarà inutile ripetere ancora una volta che tutti questi tormenti furono dati sempre da Giudici deputati dal Papa, dietro ordine o consenso espresso del Papa, sicchè non riesce giusto attribuirli agl'inumani spagnuoli, pur riconoscendo che questi avrebbero fatto molto peggio se avessero potuto. Non è dubbio poi che la veglia abbia prodotto una ferita lacero-contusa con mortificazione ed emorragie consecutive, sebbene le valutazioni della carne e del sangue perduto appariscano fatte con molta larghezza: di certo vedremo risultare dal processo, che due mesi e mezzo dopo il tormento il Campanella trovavasi pur sempre a letto, assistito da suo padre e suo fratello ancora prigioni.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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