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      E lettegli le deposizioni fatte innanzi al Vescovo di Termoli, egli dichiarò che le cose in esse contenute erano vere, ed aggiunse che non aveva mai aderito alle proposizioni eretiche, ed aspettava che il Campanella le avesse proferite alla presenza di altri, per poterlo denunziare e far constare le cose da testimoni. Fu allora posto alla corda, sempre in esecuzione di quanto era stato ordinato con la lettera di Roma, che venne costantemente ricordata in tutti questi Atti. Le sue sofferenze furono vivissime, le sue esclamazioni strazianti continue: rivolgevasi al Nunzio, rivolgevasi al Vicario, diceva loro che si sentiva aprire il petto e si protestava che moriva; al Nunzio ricordò pure che compivano appunto allora tre anni, ed era egualmente giorno di sabato, quando aveva altra volta avuta la corda (per la congiura). Del rimanente confermò sempre che le cose deposte erano vere, e che non aveva aderito all'eresie udite: ed essendo scorsa un'ora intera, fu ordinato, come per tutti gli altri, che lo scendessero, lo slegassero, gli accomodassero le braccia, lo rivestissero e lo riponessero nel suo carcere.
      Immantinente si passò a dar fuori le sentenze già scritte, e a promulgarle e leggerle, procedendo anche alla consegna delle copie delle penitenze, agli Atti dell'abiura e a quelli dell'assoluzione dalla scomunica, tanto pel Petrolo quanto per fra Pietro di Stilo e pel Lauriana successivamente; sicchè tutto venne esaurito nello stesso giorno 11 gennaio 1603(393). Le sentenze furono questa volta, secondo il rituale, scritte con maggiore solennità ed in lingua volgare.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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