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      Pur troppo Roma mostrava di non avere il sentimento esatto della situazione, o piuttosto dava un'altra fra le tante prove di voler mantenere senz'altro riguardo "la superiorità ecclesiastica", con quella insistenza che sovente è stata detta fermezza, ma che evidentemente si sarebbe dovuta dire incorreggibilità. Vi era prima di tutto una notevole contradizione con la teorica ogni giorno professata dai Vescovi e sostenuta sempre da Roma, che i clerici coniugati dovessero ritenersi quali veri e pretti clerici, con tutte le immunità e prerogative ecclesiastiche; il Governo non aveva mai voluto riconoscerlo, ed avrebbe avuto torto a pretenderlo in tale circostanza; ma poteva Roma sconoscerlo? In fin de' conti poi, dopo sforzi non lievi, bene o male, da Roma si era ottenuto che una persona di fiducia del Governo sedesse e giudicasse nel tribunale Apostolico per la congiura; ed ora, nel momento decisivo, profittando di una circostanza che non poteva punto menare a tale conseguenza, si ordinava che quella persona sedesse ma non giudicasse, mentre uno de' principali imputati, fuggito dalle carceri senza sapersi come, si era unito a' turchi e veniva con essi ad offesa del Regno, strombazzando che l'altro imputato sarebbe uscito dalle carceri egualmente e presto! Ma qualora al Nunzio fosse parso bene assegnare al Campanella una pena relativamente mite, si dovea perfino sottostare al ludibrio che l'uomo di fiducia del Governo si trovasse presente a tale decisione? Ci affrettiamo a dirlo: se il Governo si fosse seriamente preoccupato di questa ipotesi, avrebbe avuto torto.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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