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      Il Nunzio, come si rileva da tutto il suo Carteggio, era pronto a dare mille volte il Campanella al braccio secolare. Egli era convinto che il Campanella fosse colpevole e non aveva per costui, al pari di Roma, il menomo sentimento di pietà: gli fosse pure apparso innocente, per un Nunzio il bisogno supremo era quello di mantenere le buone relazioni tra i due Stati, attendere al ricupero delle grosse entrate della Camera Apostolica e al riconoscimento della "superiorità ecclesiastica" senza guardare troppo pel sottile in tutto il resto. Ma gli uomini di Stato professavano allora strettamente la massima che abbiamo vista enunciare dal Conte di Lemos, "per non errare, fa mestieri ritener sempre il peggio". Il Campanella era pure una forza potente, come avea ben dimostrato col riuscire ad eccitare in tanto poco tempo gli animi di molta gente in Calabria; a Roma poteva essersi formato il pensiero di tenere viva ed in mano sua questa forza per ogni evenienza futura, e poteva esser questo il significato del volere che la pena inflitta al Campanella per l'eresia fosse da lui scontata nell'alma città. Varie altre ipotesi avrebbero potuto ancora affacciarsi alla mente del Governo Vicereale, ammesso che faceva mestieri ritener sempre il peggio. Ma poi, in ultima analisi, perchè doveva esso rinunziare alla sua influenza con tanti sforzi conquistata in tale causa? Come potea riconoscere in modo assoluto la superiorità ecclesiastica anche pe' delitti di lesa Maestà, ciò che si era sempre negato a riconoscere?


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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