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      Questo d'altronde emerge dalle osservazioni medesime fatte da costoro, quali il Campanella le narrò al Papa, da doversi dire in verità rispondenti a quanto sappiamo del carattere dell'Aldobrandini, che ci è abbastanza noto, e del Gentile, che parecchi documenti ci mostrano spietato ed esorbitante non meno del Mandina(476). Secondo il nuovo Vescovo di Caserta, il Campanella voleva "far miracoli falsi per scampare od allungar la vita"; sicchè, nel concetto di questo Vescovo, pel disgraziato filosofo si trattava sempre di avere a perdere la vita più o meno presto. Dobbiamo intanto dire che il Vescovo di Caserta, per parte sua, ebbe a scrivere qualche cosa a Roma intorno a tale colloquio, ma il Nunzio non scrisse certamente nulla, come ci mostra il suo Carteggio del 1605, ultimo anno di ufficio per lui: che anzi in una sua lettera del 24 agosto 1605 al Card.l Valenti, tenuto allora provvisoriamente da Papa Paolo "nel luogo che si sogliono adoperare i proprii nipoti", passando a rassegna, per sua giustificazione, i casi di torto giurisdizionale da lui trattati, egli non citò punto il caso del Campanella, e quindi dalla parte del Nunzio, non meno che dalla parte di Roma, rimaneva non curato il torto ricevuto in persona del povero filosofo, contentandosi che la sua causa non fosse spedita. Dalla parte del Campanella poi ognuno avrà notato come, tanto presso il Vicerè, quanto presso il Nunzio, egli non fece la menoma richiesta che la sua causa fosse spedita; nè veramente espresse mai più un desiderio simile per lungo tempo, se non sotto certe condizioni.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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