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      Questo poscritto apparisce l'occasione vera della lettera, la quale č seguita poi da un'altra, o, se piace meglio, da un allegato, in cui pel fatto di Venezia insiste sempre pił sulla necessitą di venir tradotto a Roma, narra le rivelazioni avute dal diavolo fintosi angelo tre anni prima, e per esse la caduta di Venezia nel 1607 con la perdita di gran parte dell'autoritą del Papa, la caduta della dignitą Pontificale e del Senato Cardinalizio dietro uno scisma dopo il 1625; narra poi la comparsa successiva di altri diavoli che l'afflissero, e in sčguito, dietro preghiere a Dio, le rivelazioni vere che ebbe con gli avvertimenti da dover dare a S. S.tą, e suggerisce consigli, e cita profezie, e dichiara di voler parlare a S. S.tą e poi morire etc. etc.
      Importa commentare quest'altra mossa del Campanella, sempre pił degna di attenzione comunque rimasta senza il menomo effetto. Non a torto dovč sembrargli molto opportuna l'occasione per rivolgersi al Papa. Fin da' primordii del suo Pontificato Paolo V si era mostrato assolutamente deciso a far rispettare ad ogni costo l'immunitą ecclesiastica, e dopo di aver fatta e facilmente vinta una quistione con Lucca e poi con Genova in condizioni davvero esorbitanti, avea voluto farne un'altra anche con Venezia, che non si era mai adattata a riconoscere l'immunitą ecclesiastica negli Stati suoi(477). Annunziato dapprima con un Breve fin dal dicembre dell'anno precedente, emanato dappoi nel solenne Concistoro del 17 aprile 1606 il gran Monitorio, che dichiarava incorsi nelle scomuniche il Doge e il Senato Veneto per essersi rifiutati a consegnare al Nunzio due scellerati malfattori, il Canonico Saracino e il Conte Brandolino Abate di Narvese, Venezia si era mostrata inflessibile, si che il Papa avea stimato opportuno radunare un grosso esercito, e Venezia avea dovuto fare altrettanto.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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