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      Tra gli altri un Bertrando, arcivescovo di Cosenza, uom di lettere, pratico del mondo e dabbene, nel biasimar severamente i soprusi della gente di Carlo, si fece una volta a profetarle sterminio. "Chi avrà vita, disse Bertrando, chi avrà vita vedrà masnadieri abietti sorger contro questi superbi, e scacciarli dal regno, e abbatter loro dominazione: e tempo verrà che si creda offrir olocausto a Dio al trucidare un Francese(176)." Così la politica romana o presagiva o affrettava il passaggio da' pensieri alla vendetta e alle armi! I pensieri eran comuni a tutta l'Italia: particolari cagioni ne fecero scoppiare in Sicilia la rivoluzione del vespro.
      Con gli appresti alla guerra di Grecia, crebbero le estorsioni, crebbero gli aggravî; e quindi a dismisura la mala contentezza de' popoli. Sono sforzati i baroni a fornir non solo le milizie feudali, ma anco le navi; se alcun tarda, gli si occupano i beni(177); nobili e vassalli, obbligati e non obbligati al militare servigio, strascinansi all'esercito. Cominciarono indi in Sicilia a prorompere disperate voci; lagnandosi il popolo, che dovesse portar guerra alla Grecia amica, in servigio dell'oppressor francese; e mormorando lo scarso stipendio per tre mesi soli, al quale si darebbe fondo prima di giugnere in Romania, senza lasciar pure di che vivere alle famiglie in Sicilia. Ripugnavano alla impresa; ma tremavan al re. "Oh fuggiamo! gridavano; fuggiamo dalle case nostre, per asconderci in boschi e in caverne; e sarà viver men duro. Anzi di Sicilia si fugga, ch'è terra di dolore, di povertà, di vergogna.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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