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      E un buon augurio fu principio alla guerra, quando il due giugno, viste far vela da Catona quaranta nimiche galee, i Messinesi ne mandavano trenta allo scontro. I nemici non aspettandole, in fretta rifuggironsi a Scilla; e sbarcarono le ciurme, spiegandosi a lor protezione in battaglia i cavalli d'Erberto d'Orléans, e del conte di Catanzaro: ma la traversia che levossi, non la mostra del nemico, fu quella che rattenne i nostri, anelanti a dar dentro, e abbruciare le navi(263).
      L'animo d'un frate siciliano ammiraron gli stessi nemici in quel tempo. Veniva re Carlo il dieci giugno alla Catona con un grosso di genti; arrivavan da Brindisi ogni dì le allestite navi; e a tanto romor del nemico, i Messinesi struggeansi di saperne a punto le forze e i disegni. Allora a' preghi del consiglio della città, Bartolomeo da Piana de' frati minori, uom litterato, di specchiati costumi, e di gran nome, prese a esplorarli; non vile spiatore d'eserciti, ma cittadino, ch'all'uopo della patria affronti la mannaia, com'altri la spada. Nè furtivo, nè dimesso va dunque in Calabria il frate; dove addotto a Carlo: "A che da' miei traditori ne vieni?" brusco domandavalo il re. Ed ei più fermo: "Non io traditor, disse, nè terra di tradimento lasciai. Mosso da religione e coscienza vengo ad ammonir qui i frati minori, che non seguano queste tue ingiustissime armi. La Provvidenza ti commise un'innocente popolo, e tu lo lasciavi a dilaniare a lupi e mastini: tu indurasti il cuore alle querele, a' pianti: e allor noi ci volgemmo al Cielo; e il Cielo ne ascoltò, e ci fe' vendicare santissimi dritti.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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