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      A quegli ostacoli tacque parecchi dì Pietro, nè fiatò perchè molti, senza tor pure commiato, facean ritorno in patria(315): ma lavorando occulto, prese a poco a poco gli animi de' principali dell'oste. Quando ne fu sicurato, rispondeva agli oratori di Sicilia: accettar la corona secondo gli ordini del buon Guglielmo, e promettere la difesa(316); scrivea al re d'Inghilterra, e forse anco ad altri potentati, lasciare pe' nieghi del papa la guerra sopra infedeli, e chiamato in questo dalle città di Sicilia, andarvi a rivendicare i dritti della Costanza e dei suoi figli(317). Risolutamente poi comanda la partenza, con ciò che libero sia ciascuno a rimanersi; che se i compagni d'arme l'abbandonino, ei solo andrà. Per queste arti, seguito da' più, con ventidue galee, una nave, e altri legni minori, e poche forze di terra diè ai venti le vele(318).
      Il dì penultimo d'agosto, dopo cinque di viaggio, prese terra a Trapani, con giubilo grande del popolo, e maggiore de' nobili, affaccendati a gara nelle cerimonie della corte che quel dì risorgeano in Sicilia: e baroni montarono sulla nave del re, lo addussero a città, resser su quattro lance il pallio di seta e d'oro sotto il quale egli incedeva; e fu più lieto chi tenne le redini del destriero; gli altri a piè seguianlo, e con essi giovanetti e donzelle, danzando e cantando al suon di stromenti; il popolo a gran voce: "Benvenuto, gridava, il suo re, mandato dal Cielo a liberarlo dall'atroce nemico." In queste prime allegrezze Palmiero Abate il presenta di ricchi doni, e largamente dispensa grano alle soldatesche.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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