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      In esso, replicate a lungo le enormezze della tirannide straniera, toccossi della signoria profferta dopo il vespro al sommo pontefice, e ricusata; onde la nazione s'era volta ad altro principe; e il sommo Iddio, in luogo del vicario di san Pietro, un altro Pietro, scherza così lo scritto, aveale mandato. Con ciò ricordarono a Martino severamente, ch'ei francese, sulla cattedra dell'apostolo dovea ascoltare la verità, non le passioni di parte; nè a dritta piegar nè a manca; nè proceder contro i Siciliani sì tempestosamente(322).
      Ristretti in questo mezzo col re i più intinti nella rivoluzione, e tutti gli esuli del regno di Puglia, affollantisi pieni di speranza alla nuova corte, deliberavan sulle fazioni da imprendere contro il nemico(323). Del che eran tanto più solleciti, quanto ne' privati ragionari si mormorava già la trista sembianza della gente catalana; male in arnese; lacera e abbronzata ne' travagli d'Affrica; ondechè i nostri poc'aiuto la estimaron dapprima contro i cavalier francesi, nè se ne sgannarono che ai fatti(324). E però avvisatisi di far assegnamento sulle lor sole braccia, e su' militari consigli del re, ansiosamente chiedeano i Siciliani d'esser condotti a Messina; che a tutti tardava liberar la generosa città(325). Pietro usando questo ardore, allor mandò intorno la grida: che tutt'uomo da' quindici anni a' sessanta si trovasse in Palermo entro un mese, armato, e con vivanda per trenta dì(326). Ed ei con molta prestezza con le milizie più spedite mosse per la strada di Nicosia e Randazzo; seguendolo, ciascuna come potea, le altre schiere che s'ivano adunando: e fece veleggiare il navilio alla volta del Faro.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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