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      Spintesi allor le catalane e siciliane navi fin sotto le fortezze, chiamano a battaglia i nimici; li aizzano con le ingiurie; sfidanli coi tiri delle saette; nè traendoli fuori con ciò, tornansi bravando a Messina. Tre dì appresso, salpati da Reggio quarantotto legni, perchè speravan che il vento ripingesse in porto l'armata di Sicilia, essa li investì con tanta virtù sua e scoraggimento degli avversari, che una schiera di quindici galee nostre, trovandosi innanti nella caccia, pur sola diè dentro, e ventidue ne prese tra di Principato, marsigliesi e pisane. Quando di Calabria videro ingaggiare l'inegual conflitto, ch'era presso il tramonto del dì, non tenendo dubbia la vittoria, con luminarie la festeggiarono; onde molta ansietà ne surse in Messina; e s'accrebbe la dimane, scorgendo un grosso stormo di vele che drizzavansi al porto. Si distinser poi le insegne; sventolanti in alto le aragonesi e siciliane, strascinate in mare quelle d'Angiò; e tra l'universale giubbilo preser porto le navi, recando, narra il d'Esclot, quattromila cinquanta prigioni. Caduto il dì, con fuochi e lumi sfolgoranti per tutta Messina, rendeasi cenno delle fallaci dimostrazioni della notte innanti in Calabria(351).
      Più nobil tratto e di più atto argomento Pietro adoperò co' prigioni. Due dì appresso, ritenendo soltanto i Provenzali, fatto adunar gli altri sul prato a porta San Giovanni(352), benigno parlava: conoscessero or lui e Carlo di Angiò; questi avrebbe messo a morte ogni prigione; ei liberi a lor case rimandavali senza riscatto, sol che promettessero non portare le armi contro Sicilia, e recasser lettere per Puglia e Principato, invitando que' popoli a mercatare nell'isola, che sarebbervi sicuri e graditi, venendo con intendimenti di pace.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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