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      Offrì i suoi stipendi a chi volesse; agli altri fornì barche e vivanda; e fe' dispensare un tornese d'argento per capo. Talchè essi lietamente si tornavano, a spargere nel reame di terraferma le lodi del nuovo re di Sicilia; confortandoli a gara i Messinesi con savie parole: nulla da' Siciliani temessero, nimici solo agli stranieri oppressori; alla gente italiana non già, che tratta a forza a questa guerra, benediva in suo cuore(353) la rivoluzione siciliana.
      Così entro due settimane, rincorati i Messinesi con tali ardimenti di naval guerra, cavata a' nemici ogni fantasia di ripassare in Sicilia, e gettata anco l'esca a' popoli di terraferma, Pietro cavalcò il sedici ottobre per Catania, a mostrare in val di Noto il viso e la benignità del principe nuovo. Onde in un parlamento di quanti sindichi di comuni si poteano in fretta adunare, ei stesso orò nella cattedrale di Catania: dalle unite forze avrebbero ormai sicurezza; godrebbersi lor franchigie, e giustizia nel governo, e riparazione di tutti gii abusi angioini; che il ben de' sudditi, dicea, è ben del monarca; la tirannide li avea spolpato, la libertà porterebbe rigoglio e dovizie. Cassò di presente le collette; abolì i dritti odiosissimi dell'armamento delle navi; bandì non tornerebber quelli mai più sotto il governamento suo, nè dei successori; mai la corona non leverebbe d'autorità propria generali nè parziali sovvenzioni. Il parlamento gli accordò allora i sussidi per sostenere la guerra: e a questo effetto ei torna senza dimora a Messina il ventiquattro di ottobre(354).


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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