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      Alaimo non s'arrestò che non trovasse prima Gualtiero. Smonta al palagio; entra: e da sessanta masnadieri toscani tutti armati a mensa sedeano con Gualtiero, banchettando e bravando, allorchè il fier vecchio fattosi innanti, franco salutò la brigata. Ammutolirono per maraviglia e dubbiezza: pendean tutti dal lor signore, che nulla si mosse; appoggiò la guancia sulla mano, il gomito sul desco; e affisava il volto d'Alaimo senza fiatare, se sbigottito o minaccioso non sel sapeva egli stesso. Alaimo si pentì quasi del troppo osare. Tacque un attimo; e risoluto: "Che vaneggi, o Gualtiero? gli disse. E tu al più vil de' tuoi mercenari stenderesti la mano, renderesti il saluto; ed Alaimo cavaliero, Alaimo amico, nelle tue stanze così raccogli! Or più che non pensi amico io vengo. Vedi in chi ti affidavi! Vedi i tuoi vassalli precipitarsi incontro all'infante Giacomo, e menarlo a trionfo! Su, vien meco a fargli omaggio ancor tu, mentre ti avanza un altro istante a campar da ruina certissima(406)." Tentennò Gualtiero: chiedea sicurtà che nol menerebbero oltre i mari al conflitto de' cento; al che rinfacciavagli Alaimo: averlo ambito egli stesso a malgrado del re, che non chiedeva da lui nè braccio nè consiglio: e infine l'irresoluto si piegò a simulate dimostrazioni d'onore. L'infante, senza credergli, l'accolse benigno; parendogli abbastanza avere spento le prime scintille di aperta ribellione, ed evitato o differito quella di barone sì possente. Mostratosi indi a Palermo, sopraccorre a Trapani, ove ansioso aspettavalo il re.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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