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      E non s'accorgea della magagna dell'Aragonese, che, minore assai di esercito, l'adescava a misurarsi da uguale? Vietati, dicea, dalla religion del vangelo questi certami alle private persone, non che ai reggitori de' popoli. Pertanto non s'attentasse a combattere: ei, vicario di Cristo, lo sciogliea da' giuramenti presi; persistendo, minacciavalo di censure, e di quanti i altri gastighi sapesse trovar contro di lui la romana corte(435). Rincalzò lo scritto con la viva voce del cardinale di san Niccolò in carcere Tulliano, e di quel di santa Cecilia, mandato in Francia con lo stesso Angioino(436). A re Eduardo, per un'altra epistola del cinque aprile, sotto l'usata minaccia, inibì di star guardiano del campo, di far entrare in Guascogna i combattenti(437): al medesimo effetto, scrisse non guari dopo a Filippo l'Ardito(438). Ma alfine lasciò fare, o perchè vide non poter vincere la pertinacia di Carlo, o perchè entrò nei disegni di Carlo e della corte di Francia, che sembrano men lievi e men innocenti d'uno sfogo cavalleresco(439).
      E l'Inglese, richiesto da Carlo, dopo alquanto differimento, rispondea, gli manderebbe messaggi; e Goffredo di Grenville e Antonio Bek inviò, portatori d'una lettera, ove conchiudea: non se a lui ne tornassero ambo i reami di Sicilia e Aragona, lascerebbe compier tanta crudeltà al suo cospetto, nè in sua terra, nè in altro luogo ove potess'egli attraversarla(440). Significò al principe di Salerno avere risposto a Carlo un no assoluto(441): gli stessi legati mandò a re Pietro(442). Alfine, a trarsi d'impaccio del tutto togliendo ogni luogo all'assicurazione del campo, comandava al siniscalco di Bordeaux, che tenesse la città a disposizione di Carlo e del re di Francia(443).


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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