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      Il quale spintosi infino a chieder le genti pontificie che in Romagna militavano condotte dal prò conte Giovanni d'Eppe, le assentia Martino, senza curarsi della sua stessa vacillante dominazione in que' luoghi(461). Alfine il due giugno, tre dì innanzi il precipizio dell'impresa, papa Martino da Orvieto la rincalzava con bandire la crociata contro cristiani. A sue accuse vecchie e stracche aggiunse: ricettarsi eretici in Sicilia; vietarsi agl'inquisitori di perseguitarli; torsi a Terrasanta le vittuaglie. Donde commise al cardinal Gherardo, che predicasse contro re Pietro e' Siciliani scomunicati; e, attendendo solo a far numero, desse a tutt'uomo la croce, senza guardare a sua origine o nazione(462).
      Nel medesimo tempo re Carlo attendeva in Provenza ad accattar danari e allestir navi a questo nuovo assalto di Sicilia(463); e al medesimo effetto il figliuolo, fatta dimora a Nicotra infino all'autunno del mille dugentottantatrè, e lasciato quivi con l'esercito il conte d'Artois, tornossi a Napoli, donde secondo i casi sopraccorreva qua e là per tutta Puglia(464). A raccor danaro studiossi sopra ogni altra cosa, perchè senza fine ne ingoiava la guerra. Ondechè, usando l'autorità datagli dal padre a torre in presto infino a centomila once d'oro con sicurtà su tutti i suoi beni e reami, non contento ai sussidi del papa, nè ai tributi generali del reame di Puglia(465), accattava grosse somme da mercatanti toscani con guarentigia dello stesso Martino e delle decime ecclesiastiche(466): e quando il bisogno più strinse, impegnò per poca moneta vasellame e arnesi d'argento(467); smunse la borsa del cardinal Gherardo e d'altri privati(468); richiese altre sovvenzioni alle città più docili(469); vendè il perdono di misfatti(470); sforzò nuovamente il valor della bassa moneta(471); e con la riputazione del cardinale, in un concilio di tutti i prelati convocato a Melfi, strappò loro la promessa di due anni più di decime ecclesiastiche, e a riscuoterle deputò immantinenti suoi commissari; dagli ordini dei frati cavalieri ottenne aiuto di gente o compenso di danari(472). E gente richiedea per tutta Italia, in Toscana, in Romagna, in Lombardia, da comuni, da privati condottieri, cui assicurava del pagamento con sì efficaci parole, che mostrano quanto si dubitasse de' fatti(473). Chiamò al servigio feudale tutti i baroni; che, fatta a Napoli la mostra, n'andassero in Calabria all'oste di Artois(474); molti allettò con sue concessioni novelle(475). A' capitani di parte guelfa in Firenze raccommandò sollecitasser le galee promesse da Pisa(476); n'assoldò Genovesi(477), oltre le pisane che veniano con l'armata del padre.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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