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      Ma voi, Catalani e Siciliani, diversi di lingua solo, una gente siete d'affetto e di gloria; provati insieme in battaglia: e che è a voi la mal ragunata moltitudine di là? Assalitela dunque, sperdetela, mentre nostra è la fortuna(517)!" E il popolo a una voce: "Alla battaglia, gridava, alle navi;" e tumultuoso correavi; nè aspettato comando, salpò. Portavanli vento e corrente gagliardissimi a Reggio, forse a ineluttabile perdita, quando un comito di galea: "Restate, sclama, restate! si raccolgan le vele;" e ubbidito senza intender perchè, come in moltitudine avviene: "Non v'accorgete, seguiva, che in secco andiamo, a darne senza combattere a' Francesi!" Costui salvò la flotta. Rivolte le prore, ancorossi al Peloro, a dodici miglia dalla nemica.
      Ivi chieser le genti, o l'ammiraglio disegnò un assalto sopra Nicotra, tenuta dal conte Pietro di Catanzaro, con cinquecento cavalli e duemila soldati da pie' e altrettanti terrazzani; spensierati per fidar nelle vicine forze del re. Loria, trascelte dieci galee, piombavi a mezza notte; non sì improvviso pure, che il conte non facesse pria sfondar otto galee ch'avea in arsenale, e con tutti que' della terra fuggisse. Poco sangue perciò fu sparso; ma fatto grande e ricco bottino. Appiccan fuoco dispettosi i nostri alle galee e alla città, per toglier comodo al nimico, che fatto aveane sua stanza principale in quella guerra: e ne tornò ai Nicotrini che senza patria miseri paltoneggiando, riparar dovettero qua e là per Calabria, e i più a Monteleone e a Mileto.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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