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      La mia causa, sclamava, è vostra; domi i ribelli, avran fine i travagli; pace e giustizia faran fiorire il reame.
      Ma perchè a quello sforzo bisognava moneta, chiedea quest'anno a tutti i comuni la colletta usata, e undici per cento di più a chiunque non tenesse a molestia di sovvenire alquanto più largamente il suo re(543). Così, tentennando tra bisogno di danaro e necessaria temperanza, comandava si riscuotesse la colletta anzi tempo; e insieme chiamava parlamento in Foggia per lo dì primo dicembre. A Melfi indi il tramutò per lo minor caro del vitto. Ebbe sospetto in quel tempo, e forse da calunnie, che tre giudici suoi, tra quali un Quintavalle, e Tommaso di Brindisi, barese, praticassero tradimento di bruciargli la flotta; onde chiamatili a sè, mandolli alle forche come ladroni, non risguardando all'onore e privilegio dell'uficio. Dopo questi esempi non grati a' sudditi, conturbato e febbricitante va a Melfi, sperando nel parlamento gran cose.
      Perciò impaziente il fa adunare, rimanendosi egli in palagio, infermo, o per dispetto delle note disposizioni degli animi: e negatigli novelli tributi, a precipizio lo scioglie. Indi al solito rifugio tornò di papa Martino; che prodigalissimo del non suo, gli avea dato poc'anzi un'altra decima per tre anni su tutte chiese d'Italia, e ribandito avea la croce contro l'isola dei ribelli. Corrieri sopra corrieri mandavagli il re; sognando già danari, indi uomini ed armi, e nuova guerra: e dissimulava ad altrui ed a sè medesimo il morbo che lo tirava alla tomba(544).


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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