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      Mantenuta fu questa poi contro la seduzion di larghe promesse, e la riputazione d'un'ambasciata di molti cavalieri di re Carlo, col conte d'Artois e legati della corte di Roma, allo scorcio del medesimo anno novantadue. Perchè i cittadini, sebbene divisi e parteggianti, sì che due anni appresso vennero al sangue, d'accordo rifiutaron ora la lega col re di Napoli, promettendo solo rigorosissima neutralità; tantochè dispettosi, senz'alcun frutto partironsi gli ambasciadori(743).
      Intanto volgean le cose d'Oriente ad estrema rovina: Acri in primavera del novantuno cadde sotto le armi d'Egitto: e le stragi dei battezzati, gli atroci trionfi degli infedeli(744), davano argomento per tutta cristianità a lamentazioni piene di rabbia; correndo le lingue alla corte di Roma, e a' tesori e al sangue sparsi contro Sicilia nel nome santo della croce. Però fu necessitata la romana corte a gridar addosso a' maumettisti, tacendo alquanto di noi(745). Rattenea ancora il papa un suo segreto pendìo a parte ghibellina, e l'animo tutto posto al vicino intento d'aggrandire i Colonnesi più che alla rimota ristorazione di Sicilia o di Terrasanta. Ed era molto abbassata parte guelfa in Italia, per quelle vittorie di Giacomo e de' Siciliani(746): il reame di Napoli scemo di danari, e di fortuna, e di territorio per le occupate Calabrie, governato da principe non guerriero, e stracco di tanti sforzi, male aiutavasi alla guerra(747). La Sicilia non la rincalzava per non averne cagione; ella sicura al di dentro, nè vogliosa d'estender più in terraferma il dominio del suo re.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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