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      Questo potere regio in gran parte esercitavasi, col consiglio de' nostri magistrati primari, dal vicerè; ch'era insieme gran bene e gran male: il primo per la utilità dei provvedimenti pronti, vicini, meno sbadati, men ciechi; il male era la rapacità e superbia proconsolare. I nobili e il clero stavan tra 'l popolo e il potere regio, come baluardo, ch'aduggia e soffoca, mille volte più che non difende. Delle forme municipali non parlo, ch'eran le antiche, rappezzate di privilegi, di forme speciali diverse, ma pure ordinate assai largamente, quanto al maneggio de' lor propri danari. Gli altri magistrati, posti su la giustizia e la civile amministrazione, eran macchina un po' gotica, ma buona perchè semplice. Le leggi civili e criminali, al contrario, spaventavan per l'immenso viluppo. Questo fu il governamento della Sicilia infino al principio del secolo in cui viviamo.
      La dominazione spagnuola snervò gli uomini che doveano por mano a queste leggi: e indi la Sicilia, che nella fondazione della monarchia normanna l'ebbe a un di presso comuni con l'Inghilterra; che nella memorabile rivoluzione del vespro le ristorò ed accrebbe, e lascionne retaggio alle generazioni avvenire; decadendo dal secol decimoquarto infino al diciottesimo, si trovò poco lontana nelle forme, ma di gran lunga nella sostanza, al dritto pubblico inglese, che poi venne sì in moda. E quando il turbine della rivoluzione di Francia crollò quest'antica macchina, la nazione, da pochi valentuomini in fuori, trovossi tale, da non saperla nè apprezzare, nè correggere.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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