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      La qual condizione sociale, immutabile come i deserti ove errano le tribù, è notissima per tanti ricordi univoci, da Giobbe infino ai viaggiatori d'oggidì: libri sacri, poesie, istorie, romanzi, osservazioni di dotti europei. E vuolsi da noi studiare, perchè, conoscendo gli ordini delle tribù, si spiegheranno agevolmente le vicende della nazione arabica in tutti i tempi e in tutti i luoghi.
      La tribù nomade, o, come dicon essi, beduina, che suonerebbe appo noi campagnuola, è saldo corpo politico senz'altri legami che del sangue, senz'altra sanzione penale che la vergogna e il timore dell'altrui vendetta e rapacità. Quivi l'unità elementare delle società non è l'individuo, ma sì la famiglia; nè risiede vera autorità che nel capo della famiglia. Ei comanda assoluto ai figliuoli e a lor prole; agli schiavi fatti in guerra o comperati; ai liberti che rimangono in clientela; agli affidati, uomini stranieri e liberi venuti a porsi sotto la sua protezione: ei li nutrisce, li difende dall'altrui violenza, e, quando ne recassero ad altrui, ripara il torto o affronta la vendetta. Nel numero e zelo de' suoi sta la forza del capo; la ricchezza nei servigii loro, negli utensili e negli armenti: nè è mestieri autorità di legge a mantenere insieme tal corpo.
      Fuori dalla famiglia cominciano le associazioni: volontarie al tutto; ma seguon anco la parentela. Così varie famiglie fanno un circolo, come lo chiamano gli Arabi dall'uso di piantare in cerchio lor tende; al quale è preposto uno sceikh, o diremmo noi anziano, più tosto che eletto, designato senza forme di squittinio dalla riputazione della persona e importanza della famiglia; talchè l'ufizio spesso diviene ereditario per molte generazioni.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





Giobbe Arabi