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      Però era mestieri allestire grosse navi e munirle a effetto di guerra; e ne parrà tanto più malagevole e arrisicata l'impresa di Sicilia, più assai che quella d'India del secento trentasei, nella quale gli Arabi aveano avuto in pronto legni e marinai della propria lor gente, usi a tal navigazione per loro commerci. Mo'âwia-ibn-abi-Sofiân, che già si facea strada all'impero, forse sperò con la guerra di Sicilia d'accrescere le province ed entrate del governo suo ed emulare il capitano d'Egitto Abd-Allah-ibn-Sa'd, che godea come lui la grazia del califo ed avea acquistato in Affrica tanta gloria alla religione, e ricchezza ai soldati. E forse, dall'esercito del rivale pervennero a Mo'âwia i ragguagli che spinserlo alla impresa siciliana. Affidolla a un prode che fu poi partigiano suo nelle guerre civili(170); rinomato non meno per pietà, poichè avea visto in volto il Profeta e ne serbava i detti(171); e testè segnalatosi sotto gli auspicii del capitan d'Egitto nella espedizione di Nubia, ove perdè un occhio per ferita(172). Ebbe nome costui Mo'âwia-ibn-Hodeig della tribù di Kinda(173) e continuò per venti anni a combattere per la fede in Ponente, sì che tante sue geste furono confuse dai raccontatori(174), e quella di Sicilia, come meno avventurosa, restò oscura.
      Sbarcarono nell'isola i Musulmani con forze non pari al conquisto; occuparono qualche luogo su la costiera, e a lor costume mandarono gualdane a battere il paese, le quali fean preda e prigioni, e pur non bastavano ad espugnar le terre murate.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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