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      Ordinati tuttavia secondo le proprie parentele, come già dicemmo(212), e capitanati da un condottiero con titolo di Kâid(213), eran mezzo soldati stanziali e mezzo milizie feudali: gente agguerrita quanto i primi, e, come le seconde, devota al proprio capo più che al principe; l'indole della quale avea bene spiegato un savio, quando disse al califo Abd-el-Melik, parlando di alcun rinomato capo di tribù in Oriente: "S'egli s'adira, centomila spade s'adiran seco, senza domandargli il perchè."(214) Nel giund rimanea dunque l'aristocrazia patriarcale dei tempi anteriori all'islam.
      Nelle città appariva al contrario un avanzo della primitiva democrazia musulmana; come sempre avvien che si sviluppi nelle colonie qualche principio che sia stato soffocato nella madre patria. Senza istituzioni scritte, senza magistrati riconosciuti dalla legge, surse a Kairewân, e in altre città principali dell'Affrica, una vera possanza municipale figlia di quel genio democratico e dell'industria. Non le mancò il primo elemento di forza, che è il numero de' cittadini; perocchè, giugnea a tale in Kairewân al tempo della seconda sollevazione dei Berberi, che fornironsi in un estremo pericolo diecimila scelti combattenti, i quali usciti insieme con le reliquie dello esercito riportarono (741) la vittoria di Asnam(215). Non le mancò l'uso alle armi, poichè la popolazione delle città, obbligata a combattere da un precetto religioso che andava in disuso nelle parti centrali e tranquille dell'impero, lo osservava per necessità nelle provincie di frontiera, ove spesso s'avea a respingere il nemico.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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