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      V'erano inoltre in così fatte provincie i ribat, di cui già parlammo; i quali mutarono natura quando la più parte della popolazione fu musulmana, e divennero ritrovo di birboni e oziosi, che viveano di pie oblazioni sotto specie di star pronti alla guerra contro gli Infedeli, e prontissimi erano alle sollevazioni. Non mancò infine l'ordinamento delle classi e la potenza di quelle superiori per le facoltà e l'educazione, le quali classi dan sempre la pinta ai moti delle città. Da una mano troviamo, in fatti, corporazioni d'arti(216); da un'altra cittadini proprietarii di terre, e veggiamo la efficace influenza degli sceikhi, ossiano capi delle famiglie principali. Uscian anco da queste gli uomini che professavan sapere e pietà, legittimi successori dell'aristocrazia di Omar; i quali col Corano e la tradizione del Profeta alle mani, sosteneano le larghe franchigie dei Musulmani, poste in oblio dai moderni principi: e il popolo naturalmente li seguiva e agitavasi alla lor voce(217).
      Tali essendo gli ordinamenti delle milizie e dei cittadini, fondati su i costumi, non su le leggi, e di tanto più forti, il governo della provincia poco teneva a quel dell'impero. In apparenza non differiva dal reggimento d'un paese occupato militarmente; il califo di Damasco nominava il governatore dell'esercito e del popolo musulmano; i quali riconosceano un solo re e pontefice e una sola legge a Kairewân come a Damasco o a Medina. Ma in sostanza la colonia era libera. Stava la forza in mano di corpi independenti; il califo, non che trar danaro dalla provincia, ve ne rimettea, e se voleva almeno farsi ubbidire dovea affidare il governo a potenti capi di tribù, dovea piegarsi alle passioni di quelli e agli umori del popolo.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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