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      Lasciando quelle poste tra l'Eufrate e il Tigri, nelle quali predominava il sangue arabico, troviamo di là dal Tigri i figliuoli dei Persiani propriamente detti e dei Parti: valorose schiatte, fattesi tanto innanzi nella civiltà ch'eran sorti tra loro i due riformatori religiosi insieme e politici, Mani e Mazdak. Coteste schiatte volentieri abbracciarono l'islamismo che loro offriva una credenza meno assurda, e una forma sociale meno ingiusta. Mentre gli emiri arabi perseguitavano agevolmente, o tolleravan senza pericolo gli uomini più tenaci nella credenza di Zoroastro, la parte maggiore della popolazione alacremente si accomunò coi conquistatori. I liberi acquistavano issofatto la cittadinanza musulmana con profferire: "Non v'ha Dio, che il Dio e Maometto il suo profeta;" gli schiavi professando l'islamismo agevolmente conseguivano la emancipazione, e diveniano cittadini come ogni altro: e ciò che tuttavia mancava dopo la cittadinanza legale, cioè il patrocinio d'una famiglia potente, i liberi l'otteneano per clientela volontaria, i liberti per clientela necessaria. Cotesti uomini nuovi fecero aprir gli occhi ai governanti con la pratica ch'essi aveano in azienda pubblica; aiutarono con la loro dottrina alla compilazione della giurisprudenza musulmana; accesero nei popoli arabici a poco a poco il sacro fuoco delle scienze; e prima quello della libertà civile e religiosa, al modo che poteasi comprendere in quelle parti. I popoli dell'impero sassanida furono invero i maestri degli Arabi, come i Greci erano stati dei Romani; se non che il diverso genio dei popoli, e soprattutto delle istituzioni religiose e civili, portò che i maestri persiani predominassero nello Stato, al che i maestri greci mai non giunsero.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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