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      Consolidņ il potere; rintuzzņ a forza di danaro e tradimenti la dinastia edrisita di Fez; ebbe riputazione anco presso i Cristiani, coi quali si mantenne in pace: accordatosi col prefetto di Sicilia; e dimostrata molta osservanza a Carlomagno ch'era collegato con Harūn-Rascīd, per interesse politico e simpatia scambievole di due grandi ingegni, Carlo, promosso all'imperio lo stesso anno che Ibrahim al governo d'Affrica, gli mandava ambasciatori ad Abbāsia, la fortezza del fossato, come č chiamata negli annali di Einhardo, per chiedere il corpo d'un Santo sepolto a Cartagine: tesoro inutile ad Ibrahim e tanto pił volentieri accordato(227).
      Venuto a morte l'Aghlabita, dopo dodici anni di governo, nel cinquantesimo sesto dell'etą sua, lasciņ ai figliuoli un regno sotto nome di provincia: equivoco che dura tuttavia in parecchi Stati musulmani, come per esempio in Egitto. Ritennero gli Aghlabiti, come i precedenti governatori, il titolo militare di emir e quello pił generale di wāli, che appo noi suonerebbe preposto, e si dava anche ad officii minori. Il califo mandava a ogni novello principe di quella casa un diploma che conferivagli il governo, e con quello la bandiera, simbolo del comando, le vestimenta e collane, segni di famigliare liberalitą: ai quali atti di regia e pontificia autoritą sol mancava di potersi esercitare in favor di un altro. Il tributo dei quarantamila dinar presto mutossi in futili doni, e svanģ. I principi d'Affrica fecero guerre e paci, aggravarono e abolirono le tasse, nominarono magistrati e capitani a loro arbitrio, o come portavano le necessitą in casa, non come piaceva al califo; e scrissero i loro nomi su le monete insieme con le formole religiose della dinastia abbassida; in guisa che di tutte le regalķe, come le intendono i pubblicisti musulmani, rimase al califo il solo steril vanto che i popoli d'Affrica invocassero il Cielo in favor di lui nella preghiera del venerdģ. Ma gli Aghlabiti, se usurpavano all'insł i dritti convenzionali del principato, non poteano soffocare all'ingił le ragioni naturali degli uomini, sostenute dalle armi dei cittadini e del giund,(228) e pił o meno dagli statuti primitivi dell'islamismo.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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