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      Quantunque mal potremmo delineare tutti i limiti che la consuetudine poneva agli emiri aghlabiti, ne veggiam uno di gran rilievo, cioè il dritto di pace e di guerra esercitato dal principe insieme con la gemâ', o diremmo noi parlamento municipale, del Kairewân. N'è fatta menzione la prima volta a proposito d'un accordo col patrizio di Sicilia nell'ottocento tredici; e sappiam dalle proprie parole di un che sedea nella gemâ', come adunati dal principe gli sceikh e i wagîh, o, come suonano in lingua nostra, gli anziani e notabili della città, il trattato fu scritto e riletto in presenza, loro. E ch'e' non facessero da meri testimonii, e che i partiti liberamente si agitassero, il prova l'altra adunanza tenuta pochi anni appresso per trattar della guerra di Sicilia, dove sedettero i cadi, come i magistrati entrano nella camera dei pari in Inghilterra; e il principe fu necessitato a seguire l'opinione che preponderava(229).
      A comprender appieno come si bilanciassero i poteri dello stato aghlabita, convien discorrere l'autorità che presero in questo tempo i giuristi appo l'universale dei Musulmani. Lo studio della giurisprudenza progredendo, come ogni altro esercizio dell'intelletto, dopo la esaltazione degli Abbassidi, stava per creare nello Impero quasi un novello potere surrogato a quello dei compagni del Profeta: in luogo dell'aristocrazia dei santi, l'aristocrazia dei dottori. Costoro erano a un tempo teologi senza sacerdozio, moralisti, pubblicisti e giureconsulti; come portava l'unità e confusione delle leggi.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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