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      Furon chiusi poi nelle pubbliche carceri(715), che vi si scendea per quattordici gradini e non aveano altra finestra che la porta; dove, tra il caldo, la oscuritą, il puzzo, gli schifi insetti, erano accalcati Negri, Arabi, Ebrei, Cristiani di Tarso, di Longobardia e Siciliani. Il vescovo di Malta, ch'avea i ferri ai pič, levossi per abbracciare Sofronio: si contarono a vicenda lor casi; piansero insieme; e ringraziarono Iddio. Ma venuta la festa dei Sagrifizii, com'esattamente la chiama Teodosio(716), un fanatico dottore(717) si messe a stigare il popolazzo che per maggiore allegria facesse un falņ di quel sacerdote politeista; se non che gli uomini pił autorevoli e i magistrati calmarono il furore, mostrando vietato da legge musulmana l'abbominevole sagrifizio(718) e doversi in altra guisa render lode a Dio della vittoria. "Cosģ campammo, conchiude Teodosio, scrivendo dal carcere, e pur ci minacciano la morte ogni dģ(719)." Si addoppiarono forse i timori suoi ne' tumulti della capitale, nella guerra che si raccese con avvantaggio delle armi greche; finchč, l'ottocento ottantacinque, erano riscattati i prigioni siracusani(720); onde l'arcivescovo e Teodosio, par che tornassero in libertą(721).
     
     
     
      CAPITOLO X.
     
      Lo stesso anno, se prima o appresso la espugnazione di Siracusa non si ritrae, Gia'far-ibn-Mohammed fu ucciso in Palermo dai suoi proprii famigliari, per trama di due principi del sangue aghlabita, ch'eran ritenuti prigioni nel palagio dell'emiro, mandativi al certo da Ibrahīm; l'uno, fratel di costui per nome Abu-I'kal-Aghlab-ibn-Ahmed; l'altro, fratello del padre di Ibrahīm, e addimandavasi anco Aghlab-ibn-Mohammed-ibn-Aghlab, soprannominato Khereg-er-ro'ūna, come noi diremmo "La pazzia se n'andņ." Aghlab, matto o no, volle raccogliere il frutto dell'omicidio; prese lo Stato, affidandosi in una mano di partigiani; ma non andņ guari che il popolo, sollevatosi, lo scacciņ con tutti i compiici suoi, e mandolli in Affrica(722). Succedea nel governo, per elezione, com'e' pare, d'Ibrahīm, un Hosein-ibn-Ribāh(723), che pochi anni addietro avea retto per breve tempo la colonia.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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