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      Ricadendo sotto il giogo, erano ridotte a vassallaggio: talchè il numero delle tributarie scemò a poco a poco, e poi del tutto mancarono.
      Nel tempo che durava tal qualità di popolazioni, l'ordinamento loro è agevole a immaginare. Come nelle città independenti, così nelle tributarie l'autorità dovea risedere nei municipii. Del ritratto dei beni imperiali e comunali, aggiuntevi le contribuzioni su i cittadini, il municipio pagava il tributo detto dai Musulmani gezîa o kharâg(857); la somma del quale dipendea dai patti, e secondo le usanze musulmane si stipolava ordinariamente per dieci anni, dando statichi per sicurtà. È probabile che s'aggiugnesse il patto di svelare ai Musulmani le trame del governo imperiale; favorir le loro imprese e rispettare le persone e averi loro, come veggiamo stipolato da Mo'âwia-ibn-abi-Sofiân con gli abitatori di Cipro(858).
      Soggiaceano al vassallaggio le terre prese per forza d'armi o a patti, come dicemmo. Nelle seconde per virtù del trattato, nelle prime per umanità e interesse a non desolare il paese, i Musulmani davano l'amân, o sicurtà, come suona in nostro linguaggio. Lasciate indietro le condizioni occasionali o transitorie di che si è fatta menzione nel racconto, come di consegnare un dato numero di schiavi, abbandonare una parte dello avere e somiglianti stipolazioni, la sostanza dello amân era questa. Cessava nel paese l'autorità politica dei Cristiani. I beni dello Stato, fors'anco del comune, e tutti o in parte i beni ecclesiastici, e quei dei cittadini uccisi o usciti, passavano in proprietà della repubblica musulmana; e insieme con le terre necessariamente andavano i servi o coloni che soleano coltivarle sotto gli antichi signori.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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