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      Il rimanente della popolazione continuava a vivere secondo le proprie leggi e costumanze; e tutti gli uomini liberi, qual che si fosse lor grado e fortuna, si ragguagliavano dinanzi ai vincitori in unica condizione, che s'addimandava in arabico dsimma e lo individuo dsimmi, che noi diremmo umiliato o suddito. Godeano ordinariamente pieno esercizio del dritto di proprietà(859). La legge musulmana proteggea loro persone e averi con le medesime sanzioni penali che pei Musulmani(860) e ammetteva ogni contrattazione civile tra loro e i Musulmani, anche i lasciti per testamento(861). Oltre le condizioni ragionevolmente chiamate essenziali; cioè che non parlassero con irriverenza del Corano, del Profeta, nè dell'Islâm, non dicessero villania a donne musulmane, non ingiuriassero i soldati, non tentassero far proseliti tra i Musulmani e rispettassero i beni loro(862), gli dsimmi andavano sottoposti a tre maniere d'aggravii: di finanza, di polizia civile e di polizia ecclesiastica.
      Gli aggravii di finanza addimandavansi gezîa e kharâg; la prima su le persone, il secondo su i beni stabili. La gezîa che suona compensazione, aggiungasi della sicurtà data alle persone e alla roba, era una tassa testatica di quarantotto dirhem all'anno(863) su i ricchi, ventiquattro su gli uomini di mezzane facultà, e dodici su i nullatenenti costretti a vivere di lavoro manuale, escluse le donne, i bambini, i frati, gli storpii, i ciechi, i mendici e gli schiavi. Kharâg vuol dire ritratto o rendita. Si levava, come le contribuzioni fondiarie dei tempi nostri, sul fruttato presunto, in ragion composta della estensione del terreno e maniera della cultura: e in alcune province musulmane fu in origine il venti per cento; ma la somma spesso restò invariabile, talchè scemata la rendita, il dazio tornò più grave.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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