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      La gezîa cessava per conversione all'islamismo. Per contraddizione fiscale, necessaria al mantenimento dello Stato, il kharâg continuava non ostante che il possessore si convertisse, o che il podere passasse in man di Musulmano(864).
      Ingiuriosi furono e molesti gli statuti di polizia civile. Vietato agli dsimmi di portare armi, montar cavalli, metter selle su' loro asini o muli, fabbricare case più alte o al ragguaglio di quelle dei Musulmani, prendere nomi proprii in uso appo i Musulmani e fin di adoperare suggelli con leggende arabiche. Proibivasi di più che bevessero vino in pubblico, accompagnassero i cadaveri alla sepoltura con pompe funebri e piagnistei; e alle donne loro di entrare nel bagno quando fosservi donne musulmane e rimanervi quando quelle sopravvenissero. E perchè non si dimenticasse in alcuno istante la inferiorità loro, era ingiunto agli dsimmi di tenere un segno su le porte delle case, uno su le vestimenta, usare turbanti d'altra foggia e colore e sopratutto portare una cintura di cuoio o di lana. In strada eran costretti a cedere il passo ai Musulmani; stando in brigata, a levarsi in piè quando entrasse o uscisse uom della schiatta vincitrice(865).
      Parrà mirabile dopo ciò la tolleranza dei regolamenti di polizia ecclesiastica, che limitavansi a vietare la costruzione di novelle chiese e monasteri, ma non già la restaurazione degli edifizii attuali(866). Del rimanente era lecito alle chiese di redare(867); liberissimo lo esercizio del culto nei tempii e nelle case; ma si inibiva di far mostra di croci in pubblico, leggere il vangelo sì alto che lo sentissero i Musulmani, ragionare del Messia con costoro, e suonare furiosamente campane o tabelle(868). Non si intrometteano i Musulmani nè punto nè poco nelle materie di domma, culto, o disciplina, e proteggeano ugualmente i sudditi cristiani di qualsivoglia setta(869).


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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