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      Ma liberato per novello ghiribizzo dello imperatore, Metodio, da savio, si messe a disputare con lui in persona; lo scosse; e certo lo stuzzicò in guisa, che Teofilo non sapendo star senza di lui, o temendo che facesse brogli a Costantinopoli(917), sel tirava dietro quando egli andava a scapricciarsi alla guerra. È noto come, alla morte di Teofilo, l'imperatrice Teodora, volendo por fine alla eresia, la prima cosa cacciava per violenza il patriarca Giovanni Lecanomante. A lui fu surrogato Metodio, ch'era tenuto capo di parte ortodossa, per la dottrina, la pietà, la fortezza dell'animo, e di certo ancora per quelle pratiche già si sospette a Teofilo. Degnamente esercitò l'autorità patriarcale. Con agevolezza confuse i nemici che l'accusavano di violenza fatta a una donna; alla età sua, macerato e consunto come egli era dal carcere duro degli Iconoclasti(918), ove avea perduto i denti e i capelli. Rese poscia gli estremi ufficii ai compagni di persecuzione, facendo opera a tramutare in Costantinopoli i cadaveri di que' ch'eran morti in esilio. E mancò l'anno appresso (847); lasciando fama di santità, e parecchi panegirici, e scritti disciplinari(919).
      Succedette a Metodio un figliuolo dello imperatore Michele Rangabe, per nome Niceta, detto Ignazio dopo la esaltazione al patriarcato: eunuco molto pio; divenuto inaspettatamente illustre e santo, perchè fu nemico di Fozio. Lo scisma di Fozio il quale covava da secoli, per la rivalità delle Chiese di Roma e di Costantinopoli, divampò per gelosia politica contro i papi, per mene di corte a Costantinopoli: pur egli è vero che la prima scintilla fosse stata gittata da Gregorio Asbesta, vescovo di Siracusa(920). Ignazio, contro il consiglio dei suoi più fidati, avea vietato a costui di assistere alla sua consacrazione, come incolpato di non so che trasgressione disciplinare; lievissima al certo, poichè non fu mai specificata(921). "Ma chi può spiegar con parole, sclama il biografo di Santo Ignazio, quanti scandali seguitassero da ciò; quanta rabbia di vendetta s'accendesse in petto a quel fier Siciliano(922), che trovato Fozio lo mise su e il consagrò(923)?" Alla dura tempra dell'animo, audace, intollerante, superbo, Gregorio Asbesta congiungea chiaro ingegno, parlare insinuante, gran dottrina, pietà, costumi irreprensibili, e per colmo de' mali, ripiglia il biografo, fu anco buon dipintore(924): ed abusonne in certo libello d'accusa, nel quale andò istoriando con sette miniature quel che bramava: il suo nemico, cioè, catturato, deposto, incatenato, messo in gogna, condannato e condotto al supplizio(925). Prima che l'arcivescovo siracusano arrivasse a tanta rabbia, il patriarca l'avea fatto deporre in un sinodo (854). Adescato a portare la causa al papa, Gregorio sdegnò assoggettar di nuovo la sede siracusana alla romana onde s'era sciolta(926); ovvero non gli bastò di uscir di briga, senza vendicarsi d'Ignazio.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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