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      Ritornato ch'ei fu da Roma, predisse ai Reggini il prossimo saccheggio della città (888); e ritrattosi opportunamente a Patrasso, si mostrò di nuovo a Reggio, quando seppe partiti i nemici; e indi tornò al suo romitaggio: ma per fuggire l'aura popolare, come dice il biografo, o piuttosto il pericoloso soggiorno in su lo Stretto di Messina, andò a fondare un monastero in altro luogo, credo io, in un monte tra Seminara e Palmi, detto di Sant'Elia, ov'è tuttavia una chiesa. Viaggiando spesso nella estrema Calabria, esortava per ogni luogo i fedeli a lasciare il vino, le lascivie, le risse, se voleano preservarsi dalle calamità di quella guerra. Gli esempii d'Epaminonda e di Scipione ch'ei talvolta frammetteva ai suoi ammonimenti, mostrano che tenesse la riforma dei costumi non solo come rimedio teologico, ma sì diretto e temporale. Aggiugne la biografia, nè stentiamo a crederlo, che un Michele capitano d'armata in Calabria, ristorata la disciplina tra i suoi per consiglio di Elia, riportasse vittoria in uno scontro; lieve combattimento, non ricordato nelle cronache.
      Io ho voluto sì minutamente raccontare i casi d'Elia da Castrogiovanni, perchè parmi modello dello zelo religioso, solo raggio di virtù che rimaneva in Sicilia. Il genio della schiatta vinta si raffigura tanto meglio in questo frate cittadino, quanto la vita sua durò dai primi assalti dei Musulmani sino al compimento materiale del conquisto, la espugnazione, cioè, di Taormina. Com'ei vi andasse, con che parole e teatrali atteggiamenti avvertisse i cittadini del fato che loro sovrastava, il diremo nel libro terzo, trattando di quella guerra.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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